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HIKIKOMORI: il mondo in una stanza che isola

Hikikomori

Hikikomori

HIKIKOMORI: IL MONDO IN UNA STANZA CHE ISOLA

Hikikomori è la forma contratta di shakaiteki hikikomori. Forma sostantiva di due verbi: hiku (tirare indietro) e komori (isolarsi, nascondersi, chiudersi). Tale espressione indica un comportamento in cui adolescenti e giovani adulti rifiutano ogni contatto con la società e si ritirano da tutte le attività collettive. Questo disturbo, che vede la sua origine in Giappone, è oramai fonte di preoccupazione anche per i Paesi Occidentali. Ad oggi non c’è una diagnosi ufficiale del DSM-5, in quanto non è considerato una patologia, ma una condizione che può portare alla malattia.

QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA UN ISOLAMENTO SANO E UN ISOLAMENTO DISFUNZIONALE?

Un isolamento sano si riconosce in quanto essenzialmente adattivo, dalla ricerca di uno spazio e di un momento in cui ascoltarsi. Isolarsi per prendersi del tempo al fine di focalizzarsi su sé stessi, prestare attenzione ai propri stati emotivi, riconoscerli ed accettarli con consapevolezza senza giudicarsi è un bene. Vivere il “qui ed ora” e concedersi dei momenti per prendersi cura di sé, sono infatti aspetti positivi che favoriscono il potenziamento della riflessività e dell’autoregolazione. Diverso è l’isolamento disadattivo, caratterizzato da una fuga dalle relazioni sociali e da un’autoesclusione persistente dal mondo. Questa modalità può portare a stare con sé stessi in uno stato di sofferenza mentale alimentata da pensieri intrusivi, ruminazione e sentimenti in prevalenza negativi.  

HIKIKOMORI CARATTERISTICHE

Nel primo studio epidemiologico sul fenomeno (2003), il Ministero della Salute Giapponese definisce l’hikikomori come uno stato in cui le persone giovani:

  • Trascorrono il loro tempo principalmente a casa
  • Non possono o non si impegnano in attività sociali, come andare a scuola o a lavoro
  • Vivono questo stato di ritiro persistente per più di 6 mesi
  • Non hanno né patologie psicotiche né ritardo mentale medio-lieve
  • Non hanno amici stretti

Le cause, che portano allo sviluppo e al mantenimento di questa condizione di isolamento, sembrano dovute all’incapacità dei ragazzi di affrontare le costanti e pressanti richieste provenienti dalla società, dalla famiglia e/o dalla scuola.  Nei casi più gravi i soggetti in hikikomori pongono fine alla comunicazione con i propri familiari. La reclusione sembra essere per loro l’unica possibilità di sopravvivenza, e la Rete diventa l’unico mezzo di comunicazione utilizzato. In inglese, tale condizione è definita social withdrawal (ritiro sociale) ed è causa ed espressione di conflitti irrisolti, e di un equilibrio psicologico ed emotivo-affettivo fortemente compromesso.

L’Hikikomori può essere, secondo alcuni autori, suddiviso in primario e secondario. L’hikikomori primario è definito come una condizione di reclusione volontaria, che non può essere descritta facendo riferimento alle categorie di classificazione presenti nei manuali diagnostici quali DSM-5 e ICD-10. Al contrario, l’hikikomori secondario è conseguenza di un altro disturbo psichiatrico: disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi pervasivi dello sviluppo, disturbi della personalità e disturbo ossessivo-compulsivo. 

5 CARATTERISTICHE PATOLOGICHE INDIVIDUATE DELL’HIKIKOMORI PRIMARIO:

  • Episodi di sconfitta senza lotta. Un esempio è quello di rinunciare a svolgere un esame o un test d’ingresso nonostante averlo preparato. Vengono evitati tutti i contesti competitivi.
  • Immagine ideale di sé originata dai desideri degli altri piuttosto che dai propri. Le persone in hikikomori posseggono un’immagine ideale costruita sulle aspettative altrui. Si trovano a non essere in grado di mantenere i propri obiettivi e portare avanti gli ideali personali.
  • Mantenimento dell’immagine del Sé atteso. Gli hikikomori hanno in mente un “percorso ideale” alimentato dalle aspettative degli altri, il fatto di non riuscire a seguire tale cammino diventa per loro un grave problema. Se lottassero per ciò che desiderano davvero, potrebbero avere una nuova consapevolezza di sé stessi, partendo dal dolore della sconfitta, rielaborandola e andando avanti affrontando un nuovo compito. Purtroppo, questi giovani restano legati alla fantasia del percorso ideale invece di partire dal momento presente. Ed anche se si rendono conto di allontanarsi dal loro percorso prestabilito, continuano a mostrare alle altre persone la loro visione di Sé ideale.

E ancora…

  • Aspettative genitoriali sul figlio ideale. I genitori continuano ad investire nell’immagine ideale del figlio anche dopo la sua crescita e la condizione affermata di hikikomori. I genitori non solo supportano il figlio, ma contribuiscono a mantenerne l’immagine ideale, frutto dei loro investimenti psicologici.
  • Comportamento evitante allo scopo di mantenere l’opinione positiva degli altri. Le persone in hikikomori evitano tutto ciò che potrebbe minacciare il loro “sé previsto” o “sé ideale”. Rifuggono le situazioni in cui le persone potrebbero fare domande sulle circostanze presenti, e si astengono dal pensare di ricominciare partendo dal loro stato attuale. Se possedessero un forte ideale, desiderio, nato dai loro interessi, probabilmente non adotterebbero questo pattern di evitamento. Fintanto che la loro percezione di inabilità nel cercare piacere permarrà, continueranno il mantenimento di un comportamento basato sul principio di evitamento della sgradevolezza, sarà difficile sia lavorare sia vivere all’interno della società.

GLI HIKIKOMORI E DIPENDENZA DA INTERNET:

L’hikikomori è un fenomeno che molto frequentemente viene confuso con il disturbo da dipendenza da internet anche se così non è. Basti pensare che questo si diffonde negli anni ’80 in Giappone quando ancora internet non era così presente, per cui i primi hikikomori rimanevano isolati all’interno della propria camera veramente senza nessun contatto. Dunque, è facile comprendere come il mondo virtuale non sia la causa dell’autoreclusione ma può costituire una conseguenza dell’isolamento.

Questo accade perché il web permette di:

  • Evitare l’autoesclusione totale.
  • Allenarsi e gestire le relazioni.
  • Sentire di appartenere ad un gruppo e riceverne il conforto.
  • Sentirsi adeguati anche a livello lavorativo (alcuni hikikomori lavorano online).
  • Vivere esperienze appaganti.
  • Trovare stimoli a livello cognitivo

C’è differenza tra l’essere dipendenti da internet e utilizzare internet come mezzo di contatto con l’esterno. Pertanto, privare gli hikikomori del pc potrebbe essere un grave errore in quanto si rischierebbe di eliminare l’unico mezzo di comunicazione che hanno.

COME AIUTARE GLI HIKIKOMORI:

Gli studi hanno messo in evidenza la struttura multidimensionale del fenomeno hikikomori. Questo è stato classificato come problema socialmente prodotto, derivante da un malfunzionamento del sistema comunicativo tra individuo, famiglia, scuola e società. Dunque, è necessario agire con interventi che vedano coinvolti parallelamente individuo, famiglia e scuola, per la creazione di una rete di supporto a 360°. 

In Italia, rispetto al Giappone, non esistono ancora dei modelli precisi di prevenzione e di intervento da seguire, dal momento che il fenomeno in occidente è relativamente nuovo. Dai dati a disposizione si può comunque affermare che famiglia e scuola dovrebbero assumere il ruolo di agenti di cambiamento ed educare i ragazzi ad essere socialmente competenti. L’autoreclusione, infatti, non è un problema solo individuale ma è un problema socio-culturale, in quanto viviamo in un contesto che alle volte limita non valorizzando le differenti peculiarità del singolo. Di primaria importanza, invece, diventa accrescere l’empowerment personale attraverso un intervento totalitario che persegua l’emancipazione del soggetto, l’implementazione delle sue risorse per portarlo ad avere gradualmente un controllo attivo sulla propria vita ed essere protagonista della sua esistenza.

POSSIBILI INTERVENTI

SCUOLA:

A livello scolastico oltre a lavorare sull’apprendimento è fondamentale promuovere la formazione delle life skills (competenze di vita). La scuola deve incoraggiare lo sviluppo globale della personalità dell’individuo affinché questi possa crescere da un punto di vista culturale e sociale. In tale ottica diventa necessario creare una rete informata e attenta a monitorare e a cogliere i diversi campanelli d’allarme, così da prevenire lo strutturarsi del problema. La scuola deve educare all’empatia, supportare e accompagnare i ragazzi in modo da favorire l’empowerment e l’implementazione delle life skills. Nello specifico le life skills a cui si fa riferimento sono: decision making, problem solving, senso critico, creatività, comunicazione efficace, empatia, abilità relazionali, consapevolezza, gestione delle emozioni e dello stress. Questi sono punti che non possono essere tralasciati nella prevenzione di questi fenomeni di isolamento.

FAMIGLIA:

A livello familiare è utile lavorare sullo stile genitoriale. La famiglia è la prima agenzia educativa per il soggetto, fin dalla nascita, e la sua funzione formativa si esercita direttamente sui figli, producendo sulla personalità effetti a breve e lungo termine. Nella nostra società del benessere e della realizzazione sociale si rischia, infatti, di spostare il nostro focus sui figli: come se la realizzazione del genitore fosse legata alla realizzazione del figlio. Non bisogna dimenticare invece che il compito dei genitori è quello di aiutare i figli a passare da una condizione di dipendenza, tipica dell’infanzia, a quella di indipendenza propria. Essere genitori efficaci ha un effetto protettivo e dunque in tal senso seguire un programma di Parent Training può essere utile. Esso, infatti, è un primo passo volto a promuovere l’acquisizione e/o potenziamento di abilità quali: ascoltare, prestare attenzione, collaborare, gestire le emozioni negative, incoraggiare ecc.

INDIVIDUO:

A livello individuale il grosso scoglio è riuscire ad instaurare un contatto col soggetto autorecluso. In questi casi può rivelarsi d’aiuto la figura di un compagno adulto che svolga un ruolo supportivo e di mediazione tra il mondo interiore del soggetto e il mondo esteriore. Un’altra metodologia è la cybertherapy, un’azione domiciliare per le persone che hanno difficoltà a spostarsi dalla loro abitazione. In questo caso è lo psicologo che lascia il proprio studio per approcciare pian piano al mondo del ragazzo.  La cybertherapy, inoltre, distingue tra e-mail based therapy, voice/video conference therapy e avatar therapy. L’e-mail based therapy si focalizza sullo scambio di e-mail tra soggetto e professionista a titolo orientativo o formativo. La voice/video conference therapy è il tipo di intervento che più si avvicina alla tradizionale seduta di psicoterapia, poiché l’incontro avviene mediante l’uso di una chat vocale e/o video. Da ultimo, l’avatar therapy, che vede il soggetto recarsi virtualmente nello studio del professionista mediante collegamento alla piattaforma col proprio avatar. Tutti questi approcci sono volti a costruire una relazione di fiducia, dove almeno nelle fasi iniziali sarà il ragazzo con hikikomori a dettare i tempi. In seguito, con molta calma, sarà il professionista ad essere guida. Guida che porterà il ragazzo ad attuare delle piccolissime violazioni della routine disfunzionale con l’obiettivo di inserire esperienze emotive concrete volte a modificare percezioni, credenze e pensieri e a conquistare quella sensazione di benessere personale e sociale.

Per avere maggiori informazioni su questo argomento è utile consultare la pagina Hikikomori Italia.

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