Esercitare il libero arbitrio consiste nel possedere la facoltà di scegliere le motivazioni che sottendono il pensiero e le azioni. Significa agire secondo la propria volontà. Avere la possibilità di scegliere liberamente è qualcosa di prezioso, ma può essere un compito ingannevolmente semplice. Nel momento in cui prendiamo una decisione dovremmo essere pronti anche alle conseguenze che da essa derivano, ma talvolta e, forse troppo spesso, le persone hanno timore ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni. La paura di decidere (o decidofobia) si è sviluppata di pari passo all’evoluzione dell’umanità. La realtà in cui l’uomo è inserito col passare degli anni è divenuta sempre più complessa. Infatti, più la capacità di pianificazione, azione e gestione del contesto ambientale subiva un incremento più le scelte da fare acquisivano complessità.
Decidere è sempre un azzardo. Scegliere comporta ogni volta un rischio. Nessuno di noi si può sottrarre a questo destino esistenziale nonostante la paura di decidere. Di fatto è da quando si inala il primo respiro che si è catapultati in una realtà che costringe a compiere scelte continue, dalle più banali alle più impegnative. Nel momento in cui scelgono, le persone diventano soggetti attivi, protagonisti del proprio agire e talvolta di quello delle persone circostanti. È dunque attraverso le decisioni prese che l’individuo diviene responsabile di sé e di coloro che dipendono da lui. Tutto ciò porta a mettersi in gioco e da qui, in seguito, si possono sviluppare delle paure correlate alla scelta tra differenti opportunità. La domanda che spesso sorge è “Quale tra le due scelte è quella migliore?”. Tale domanda che diviene costante in chi ha paura di decidere.
È probabilmente la paura più comune tra le varie forme di timore legate al rischio della scelta. Quanto più questa è decisiva, tanto più il tergiversare si fa gravoso fino al punto di diventare immobilizzante. Non a caso sono proprio le persone che hanno grosse responsabilità quelle che rischiano la “paralisi” a causa dello stress percepito. Spesso la preoccupazione di prendere una scelta sbagliata e/o commettere un errore di valutazione conduce l’individuo responsabile a sentire di essere come bloccato dalla paura di decidere. Bloccato contro un muro senza via di fuga, poiché sia davanti che ai lati è come se si fosse accerchiati da nemici. In tutto ciò è chiaro che non è la situazione oggettiva a rendere la presa decisionale una vera e propria sofferenza, quanto piuttosto la percezione del soggetto. Percezione che dipende dalle capacità e dalle caratteristiche personali dell’individuo. In tal senso non possiamo dimenticare che tutte le persone sono intersoggettivamente differenti e questo influisce nella modalità in cui ognuno affronta i vari contesti situazionali.
Pensare di non essere all’altezza per assumersi il compito di decidere è un timore comune di fronte a scelte importanti. Questa forma di paura è correlata all’autostima. A quanto riteniamo di essere abili nel sostenere il peso delle decisioni prese e delle conseguenze che derivano da queste. Sembrerebbe che chi è tormentato da questa forma di timore nella sua manifestazione più rigida generalmente ha la tendenza ad evitare ruoli di responsabilità e preferendo prendere decisione di scarsa importanza e delegando a terzi il peso delle scelte cruciali. Tuttavia ciò non è del tutto veritiero. Infatti, se prestassimo maggiore attenzione noteremmo che, in realtà, molti individui che convivono con questa situazione ricoprono ruoli importanti. Ciò accade perché queste persone sono spinte ad impegnarsi molto più nell’idea di dimostrare quotidianamente a sé stessi di essere all’altezza del ruolo che rivestono. Ma il successo ottenuto finisce per far sì che l’individuo cada in un vero e proprio paradosso. In cui sente di non essere all’altezza di compiti che divengono sempre più impegnativi a livello di struttura, responsabilità e dispendio di energie. È così che si viene a costituire un circolo vizioso in cui per dimostrare a sé stessi che si vale, lo si dimostra in modo clamoroso al mondo. In questo modo se da una parte si ottiene stima, fiducia, riconoscimenti dall’altra le aspettative delle persone si alzano portando all’incremento della responsabilità da assumersi. Questa sorta di giochetto perverso tra sé e sé porta poi ad ottenere ciò che ironicamente Paul Watzlawick definisce come un “successo disastroso”.
Tutti gli esseri umani sentono il bisogno di essere amati, questa è una necessità primordiale, siamo animali sociali. Il problema nasce nel momento in cui si desidera di essere amati da tutti, in questo caso ci si trova di fronte all’estremizzazione di un bisogno che diventa disfunzionale. Gli individui che ne sono vittima ricercano l’apprezzamento degli altri, il loro amore e finiscono per perdere di vista se stessi. Queste persone guidate dalla necessità di sentirsi accettate si pongono nei confronti delle altre persone come soggetti iperdisponibili e attenti alle necessità altrui. Ma tale comportamento se da una parte fa sentire accolti e adorati, dall’altra parte prendere una decisione diventa una scelta difficile. Infatti, ogni scelta è vissuta come un problema, perché può provocare dispiacere nell’altro aumentando la paura di perdere popolarità guadagnata.
È una forma di timore che prende il sopravvento quando occorre prendere una decisione e comunicarla ad altri. Quindi il peso della scelta diventa doppio e così la scelta è vissuta con apprensione, anche solo per il pensiero di esporsi. L’ostacolo in questo caso è essenzialmente costituito dal confronto e dal successivo giudizio dell’altro. Spesso si associa con la paura di parlare in pubblico e di conseguenza al timore di arrossire, sudare, balbettare e perdere il controllo sul discorso che ci si era programmati. Chi presenta questa forma di paura tende ad assumere un atteggiamento difensivo, poiché talvolta gli altri vengono visti come nemici pronti a sferrare un attacco alla visione del primo segno di debolezza.
Questa forma di paura si trova spesso alle fondamenta di altre tipologie di paura legate al prendere una decisione. In questi casi il timore può avere due forme: può essere legato alla paura reale di gestire l’attuazione della scelta fatta, o può essere correlato alla possibilità di perdere il controllo della situazione una volta compiuta la scelta. In sintesi, il timore può riferirsi al controllo iniziale o alle fasi seguenti, dopo aver deciso cosa fare. Le persone con questa forma di paura sono portate al ricontrollo continuo dei processi decisionali, in modo da verificarne la validità, avere il controllo del processo avviato e rassicurarsi. Il bisogno di un’anticipata sicurezza sulla decisione presa ed i suoi successivi effetti, purtroppo, porta spesso a una dinamica costituita dal controllo ossessivo e da livelli di ansia ed angoscia estrema che conducono ad una paralisi dell’azione. Il timore di perdere il controllo o di non averlo, obbliga a ricercare la sicurezza di possederlo prima di mettere in atto l’azione. Purtroppo però nella stragrande maggioranza dei casi la certezza assoluta non si può avere, e così la persona rimane imprigionata nel tentativo vano di raggiungerla.
La paura di decidere può derivare da svariate caratteristiche personali. Essa viene influenzata in modo diretto e/o indiretto proprio dalla modalità con la quale il soggetto tenta di gestire o evitare la scelta e da come struttura le relazioni con gli altri e il contesto ambientale che lo circonda. Possiamo categorizzare le psicotrappole che ingabbiano su due piani quello del pensiero e quello dell’azione.
Il dover decidere induce le persone ad avere dei timori, la cui gestione influenza non solo le singole prese di decisione, ma anche le dinamiche personali e interpersonali dell’individuo.
Per gestire al meglio le decisioni è necessario:
Essere in grado di compiere delle decisioni implica il saper gestire in contemporanea emozioni, cognizioni e azioni, ossia la triade psicologica comune ad ogni individuo nel rapporto con sé stessi, gli altri e il mondo. Una delle componenti fondamentali nella presa di decisione è senza alcun dubbio la decision making, vale a dire la gestione della paura: un’emozione in grado di condizionare in modo rilevante gli altri fattori.
Il primo passo per diventare protagonisti della propria vita, riuscendo con costanza a riacquistare la capacità di prendere decisioni in autonomia, consiste in un training per superare i limiti imposti dalla sua paura. Il messaggio che dovrebbe passare è questo: “vince chi riesce a stare nella paura”. Evitare la paura è difatti controproducente, poiché i livelli di timore, ansia e angoscia aumentano rischiando, nei casi più estremi, di sfociare nel panico. La paura è un’emozione, non può essere eliminata, tuttavia si può imparare a conviverci, a starci, senza scappare da essa, e quindi accettarla. Una gestione funzionale della paura è la sua trasformazione in coraggio. Spesso, anzi, tradizionalmente sempre, osserviamo la paura con sguardo tetro, poiché la percepiamo come qualcosa di negativo. Se spostiamo il focus noteremo come quest’ultima abbia anche sfaccettature positive, essa, infatti, ci aiuta e ci attiva in alcuni momenti. Non dovremmo avere paura di sbagliare, di commettere errori, di perdere il controllo della situazione, anzi, ci dovremmo preoccupare nel caso contrario, poiché significherebbe che siamo fermi. Se facciamo errori vuol dire che ci stiamo muovendo, che ci stiamo mettendo in gioco in prima linea per diventare protagonisti attivi del nostro cambiamento.
“Il coraggio è la paura vinta, il resto è solo incoscienza” G. Nardone
Giorgio Nardone (2014). La paura delle decisioni. Come costruire il coraggio di scegliere per sé e per gli altri. Adriano Salani Editore
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